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Caro Andrea ti scrivo… (F.Canciani)

Così mi distraggo un po’. E anche se a questo punto sarà piuttosto lontano, non Le scrivo più forte tanto cambierebbe poco. Le scrivo, da severo censore delle Sue cose bianche e nere; nell’anno trascorso non Le ho risparmiato stoccate e...

Franco Canciani

Così mi distraggo un po’. E anche se a questo punto sarà piuttosto lontano, non Le scrivo più forte tanto cambierebbe poco.

Le scrivo, da severo censore delle Sue cose bianche e nere; nell’anno trascorso non Le ho risparmiato stoccate e critiche, sempre nel rispetto del Suo lavoro e non accanendomi mai: piuttosto, nel mio piccolo, sottolineando la pochezza qualitativa (e non mi riferisco solo alle doti tecniche, ma anche a quelle morali) del mirabile gruppo a Lei affidato.

E con la stessa leggerezza, guadagnandomi lo scherno e le ironiche pacche sulle spalle di certi colleghi (alcuni simpatici, altri un po’ meno) Le ho porto le mie pubbliche scuse quando la Sua squadra si è messa, qui e là, senza soluzione di continuità, a giocare bene, come piace a noi. E non di rado, ad esempio dopo la gara contro il Milan o a Verona, L’ho definita il valore aggiunto di questa squadra, a patto che fosse riuscito a trasmettere le Sue doti ai ragazzi, e loro disposti a metterle in pratica.

Da due mesi sostenevo l’ipotesi della riconferma, ché Lei meritava un secondo campionato disputato con una formazione in via di sviluppo tecnico-tattico-umano, pietendo alla dirigenza che, almeno per un anno ed uno solamente, resistessero alle sirene metropolitane e i (pochi, quest’anno) gioielli rimanessero in seno alla rosa 2015-16. Ne ero certo, allo sbandieramento del progetto tecnico di cui Lei sarebbe stato a capo a più riprese esibito dalla dirigenza ci avevo creduto.

Poi tutto è cambiato, e ci troviamo un mister nuovo ed il più grande dei punti interrogativi a sostituire una certezza acquisita: la guida tecnica.

Non mi ritengo troppo intelligente, ma a coloro i quali mi vogliono far credere che le sconfitte interne con Samp-e-Doria e Sassuolo hanno scompaginato le carte, sconvolto i dirigenti di riferimento, i quali al termine di notti insonni decisero del destino “altro” del tecnico con sua conseguente giubilazione, rispondo che già in terza elementare la maestra Neda mi confidò che il mio sospetto, cioè che Babbo Natale non esistesse, era veritiero. Correva l’anno 1978, ed il mio capoccione non è invano divenuto scarsicrinito.

Si chiederà, caro Andrea, perché Le dica queste cose. Semplice: una lunga, stucchevole, prodromica premessa alle parole: mi dispiace.

Non ho mai partecipato alle conferenze stampa pre- o postpartita: ci sono colleghi più esperti e soprattutto colleghe più appassionate di me; alcune fra loro cercano di capire, altri invece mostrano preoccupante tendenza ad insegnarLe come si allena. Io non ho né l’una né l’altra di queste abilità, perciò mi sono limitato ad ascoltarLa nella chiacchierata che intrattenne con certuni fra noi qualche mese fa. Le sarò completamente trasparente: di Lei avevo chiesto ad amici fraterni, colleghi nerazzurri, che non mi avrebbero potuto nasconder nulla; quel giorno scoprii che avevano ragione. Lei è persona competente, appassionata, parlerebbe di calcio per ore e noi con Lei. E mi feci pirsuaso che la stagione fosse stata un triste concatenamento di cause negative.

Ed eccoci a maggio: salvezza raggiunta in carrozza, a dieci giornate dalla fine, salvo il tristissimo epilogo.

Mi hanno chiesto, richiesto, intimato di moderare le citazioni extracalcistiche nei miei pezzi: fosse facile. Mi si concederà, però, un’unico rimando alla Comoedia Dantis Alagherii, canto quinto, Paolo e Francesca: “prese costui della bella persona che mi fu tolta: e il modo ancor m’offende”. Non discuto che l’esonero sia stato dovuto, ancorché annunciato così tardi, ma la gestione dell’affaire mi ha lasciato tanticchia di amaro in bocca.

Mi dispiace.

Ma è storia, è la bella vita, la vita bella dell’allenator, nella certezza che la prossima occasione sia, per Lei, la volta buona. E comunque Udine rimarrà per sempre nella carta d’identità dell’erede Stramaccioni: questo non glielo potranno togliere.

Mi permetta, per chiudere, un sommesso vagìto di speranza: che si eviti il ciclostilato che si conclude con le parole “la società ics ringrazia il signor ipsilon per l’impegno profuso e augura a lui ed al suo staff le migliori fortune in futuro”. Lasciamoci così, senza rancore, e in silenzio. Almeno da una delle due parti.

Con immutata stima, sperando di rivederLa al posto di Allegri o Luìs Enrique, prima o poi, in una Berlino qualsiasi.

Franco Canciani @MondoUdinese

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