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C’era una volta il tifoso….

C’era una volta, tanto tempo fa, un tifoso che ogni domenica si alzava e già sognava il momento di essere seduto sul suo posto, assieme a tante tante altre persone, a tifare per la squadra del cuore. Poi, un sortilegio ha fatto sì che i posti...

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C’era una volta, tanto tempo fa, un tifoso che ogni domenica si alzava e già sognava il momento di essere seduto sul suo posto, assieme a tante tante altre persone, a tifare per la squadra del cuore. Poi, un sortilegio ha fatto sì che i posti vicino a lui piano piano si svuotassero. Alla fine anche lui ha desistito ed è rimasto a casa, ha comprato un televisore nuovo, un abbonamento e si guarda la partita comodamente in poltrona. Ma il sortilegio si chiama Sky?

E’ fin troppo ovvio che la maggior parte delle defezioni da stadio dipendano dalla possibilità, sacrosanta, di vedere le partite in televisione. Tanto più per una regione che ha vissuto non poco l’emigrazione. Ma le presenze della domenica negli stadi d’Italia calano a prescindere. Sarebbe poi bello sapere se negli ultimi anni l’aumento di abbonamenti al pacchetto calcio di Sky e Mediaset Premium sono stati pari alle defezioni da stadio. Ma per chi vive nelle vicinanze della squadra tifata, perché rinunciare allo spettacolo che solo lo stadio può dare? Perché rinunciare alle emozioni vissute di persona, con i vicini di seggiolino? Perché rinunciare alla visione anche tattica della partita? In televisione, i movimenti di squadra non si vedono bene come allo stadio.

Proviamo a dare delle risposte  logiche quanto ciniche:

STADI – gli stadi in Italia fanno schifo, e la coscienza sociale non lo ammette. Consideriamo tifoserie fedeli quelle che vanno in maggior parte allo stadio, senza accorgerci che spesso coincidono con stadi più prossimi al campo, dove la “vicinanza” che si crea con la squadra rende la partita più “visibile”. Atalanta, Cesena, Sampdoria e Genova, solo per citarne alcuni. Ovvio che vedere l’Udinese giocare dall’unica curva rimasta non è come vederla dalla tribuna. Ho provato personalmente e posso assicurare che avere Totò Di Natale che batte un angolo a tre metri da me in linea d’aria è tutt’altra cosa rispetto a quel famoso Udinese Genoa 1.1 di Sonetti. Là era una festa magnifica, altri tempi, altro tifo, altre aspettative. Ma la partita io non la ho vista: vedevo delle macchie che correvano, specie quando attaccavano la porta lontana.

SPETTACOLO – ho sempre in mente quella scena cult di Fantozzi che dà il suo giudizio estetico su La Corazzata Potemkin. Ecco, il campionato italiano somiglia molto a quel film. I brividi che trasmette sono gli stessi. Perché? Ovviamente non avendo le prove non posso dare i giudizi che realmente penso, ma guarda caso da quando c’è la crisi si comprano molti più stranieri il cui valore è molto più alto di quanto realmente valgono. E non sto parlando dell’Udinese, sulla quale indaga la Guardia di Finanza, ma ci sono varie altre società che attuano una politica dubbia, ben più dubbia di quella della società friulana. E’ ovvio che quando una squadra come la Lazio, grande allenatore e giocatori quasi tutti inguardabili, è terza o giù di lì, il livello non può essere dei migliori. Se si vuole vedere del bel calcio, in Italia, bisogna guardare le partite del Sassuolo di Di Francesco o ancora meglio dell’Empoli di Sarri. E proprio l’Empoli di Sarri è piena zeppa di italiani in un campionato basato su sudamericani malinconici che qualche anno fa avrebbero fatto fatica a giocare in squadre di metà classifica di serie B. Mancano le competenze, l’Italia in crisi dimostra la sua reale natura, politica: quello è uno della vecchia guardia, quell’altro ha un procuratore importante… mancano le palle, anche. Non a caso Mihajlovic che non guarda in faccia a nessuno ottiene più risultati del Milan di un Inzaghi nemmeno lontano parente del Seedorf dell’anno scorso. Nota di merito per Stramaccioni, che della meritocrazia aveva fatto un proprio modo di essere e decidere, dimostrando di avere gli attributi oltre che le competenze… ma poi, anche da noi, i senatori stanno attaccati alla poltrona… scelta sua o mediazione della società?

IDENTITA’ – l’identità consegue allo spettacolo. Un vero tifoso non accetterebbe mai questo assioma, ma il ragionamento che pongo è più sottile. Fare affari non è sbagliato, penso però che nelle società di calcio debbano essere fatti in una determinata maniera. Lo spettacolo del calcio non è come quello di un film, ci sono delle differenze. Certo, quando voglio vedere una bella partita io guardo l’Empoli, almeno lì giocano a calcio come lo intendo io. Ma sono e rimango tifoso dell’Udinese perché proietta nella nostra bandiera l’idea o l’ideale che ho della terra natia. Che Pozzo sia un imprenditore è cosa buona e giusta, ben rappresenta la mentalità friulana. Che si smetta di insegnare tattica all’Udinese, meno. Che a Udine arrivino giocatori già pronti a partire con la valigia in mano e che non sappiano fare un cross, ancora meno. L’identità non è solo questione di vittorie, anche se per molti frequentatori dello stadio lo è, però è anche questione che se paghi un biglietto (per tanto che a Udine il prezzo sia basso, onore alla società) vuoi vedere gente ben pagata saper fare un dribbling, un cross, un raddoppio in fase difensiva.

Lo stadio nuovo aiuterà di certo, è una grande impresa di cui dobbiamo essere tutti fieri senza se e senza ma. Il problema è un altro: si sacrifica un derby alla programmazione, che sa tanto di scusa, visto quello che è stato fatto contro Lazio, Inter e Napoli, visto il gioco espresso contro Parma e Atalanta. Il tifoso vuole meritocrazia, cross, dribbling e movimenti di squadra. Si aspetta che duramente la settimana si faccia tattica (gli allenamenti di Spalletti erano arte da vedere, movimenti su movimenti a ripetizione). Il tifoso vuole vedere furore e maglie sudate, vuole vedere Gejio ferito che combatte come l’Alfier Nero di Arrigo Boito.

Ecco perché in italia mancano tifosi allo stadio. Stadi fatiscenti, televisione, ma specialmente perdita dell’identità: vincere conta sempre meno…

"©Mondoudinese

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