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Il progetto (Di F.Canciani)

Sfido gli strali di chi mi considera fuori sìncrono, dal punto di vista delle idee ma soprattutto del linguaggio. A iniziare da persona a me piuttosto cara, che mi riferì di un suo amico che considerava il mio modo di scrivere “moderno”:...

Franco Canciani

Sfido gli strali di chi mi considera fuori sìncrono, dal punto di vista delle idee ma soprattutto del linguaggio. A iniziare da persona a me piuttosto cara, che mi riferì di un suo amico che considerava il mio modo di scrivere “moderno”: tale Tut-Ankh-Amon.

Progetto, dal francese projeter, inteso come gettare le basi per un’attività, materiale o immateriale, di futuro svolgimento.

Ne parlo perché da un paio di lustri giro Italia e mondo e, cadendo immancabilmente il discorso sul calcio, mi si dice (esempio a Milano) “Ué, ma voi lì a Udine, eh? Bottega cara ma società della ma.., il progetto-Udinese è una forza”. E scorgono, gli astanti indulgenti e gentili, nel mio sguardo la fissità tipica dell’ottuso. Solo perché da parte mia sfugge il legame fra l’ottimo operare dell’Udinesecalcioessepià e un programma a lungo termine che coinvolga la parte sportiva.

L’unico, vero progetto è quello del new Friuli; si vedono pilastri crescere, spalti esser deposti, operai che battono e saldano venti ore al giorno. Si è partiti da uno stato fatiscente per giungere, in tempi medi ad un gioiello italiano, per altro già arretrato rispetto a quelli di paesi in cui tali opere sportivo-architettoniche sono sorte dieci anni fa. Si sa, siamo mediterranei e ce la prendiamo comoda; il Friuli mitteleuropeizza per cui almeno ci arriva.

Dal punto di vista sportivo, c’è l’inconfortevole sensazione che si siano perse le coordinate fondamentali: per un periodo (a prescindere dall’esito più o meno soddisfacente delle annata) c’è stata la sensazione che l’Udinese fosse un telaio collaudato ed intoccabile cui aggiungere e (purtroppo) togliere, qualora pagati il giusto, tasselli pregiati che andavano e venivano come trottole, dopo però aver lasciato profondo segno in casacca biacca e carbone.

Ad onesto giudizio e totale casualità, l’universo girò sul cucchiaio di Maicosuel. (in)colpevole il magro e triste ragazzo cosmopolita, da allora una stagione (culminata con la qualificazione europea seguito di otto vittorie di fila) media, una successiva mediocre e quest’ultima inguardabile.

No: non è da questi particolari che si giudica una stagione. Alla fine la squadra può fare mille punti o zero, ed uscire indifferentemente (e comunque non in assoluta relazione con i risultati) fra i fischi o gli applausi. Est modus in rebus, dipende da come un manipolo di pedatori, da anni non più prestipedatori, sudano le maglie calciano le palle (foss’anche quella colorata di gioco pazienza, meglio quelle avversarie) e inducono nel sostenitore sogni e orgoglio.

Ad oggi sento tante parole, smentite e conferme a getto continuo, nomi al solito sconosciuti (e questo non mi tange minimamente) ma una sensazione di disagio, determinata dal maledetto sesto senso per cui non par più che i riferimenti dirigenziali agiscano secondo un piano, A oppur anche B, ben ponderato ed a quasi prova di bomba. Si ha l’impressione che se Allan non partisse sarebbe solo perché non sarebbero giunte adeguate offerte, non si sa (anche se Karnezis pare favorito) chi sarà il portiere titolare, la difesa è legata a questo mitologico Samir che parrebbe forte quanto Thiago Silva, a centrocampo buio assoluto, davanti tutti ad attendere la risposta di Di Natale, che pare (ma secondo me il dado è stato tratto con agevole anticipo, e rimarrà) abbia spazientito pure il vecchio Giovanni Paolo Pozzo.

Unica certezza un allenatore, non a caso aziendalista a livello di quello di Castelfranco ancora (?) direttore del progetto internazionale, che dà più garanzie dal punto di vista della devozione e del carattere, della difesa oltranzista dei propri colori e dei propri giocatori (alcuni, quantomeno) rispetto a quelle tecnico-tattiche. Vedremo.

Vedremo; vedremo se a fianco del manipolo di giovani speranze ed infinite poesie internazionali i Pozzo penseran bene di aggiungere (o mantenere) tasselli fondamentali. Senza di questi, in un calcio frenetico e spiazzante come quello di oggi, non si può parlare di squadra. Si guardi la Juventus: uno come Tévez, fino a ieri promesso sposo della sua Boca, parrebbe attirato dai milioni d’euro dell’indebitatissimo Atlético Madrid. Bene: la dirigenza ha già pensato a come sostituirlo. Idem per Pirlo, Morata, Llorente, Vidal. Diverso sarebbe, diverso sarà quando molleranno Buffon, Chiello, Bonucci, Marchisio: l’ossatura della squadra, per sua definizione la parte ossea, che regge e par quasi infrangibile.

Ecco: a Udine vedo tanta carne sul barbecue, mancando mi par quasi del tutto lo schema di base che faccia di undici-quattordici calcianti una palla, una squadra vera.

L’ossatura. Lo schema di base. Le fondamenta. Le projet.

Il progetto.

"Franco Canciani @MondoUdinese

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