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Il vento caldo dell’ estate (Di F. Canciani)

Rientro, finalmente, dall’America la mia America, fredda nel clima e nell’indifferenza di persone, troppe, cui nemmeno un presidente incoraggiante suscita più speranza. Scendo dall’aereo che mi porta qui, assieme ai ragazzi giamaicani...

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Rientro, finalmente, dall’America la mia America, fredda nel clima e nell’indifferenza di persone, troppe, cui nemmeno un presidente incoraggiante suscita più speranza. Scendo dall’aereo che mi porta qui, assieme ai ragazzi giamaicani speranze d’atletica, da Filadelfia e mi accoglie il vento caldo dell’estate. Chiudo gli occhi anche sulla mia valigia nuova spaccata in due, vittima di un’ispezione troppo energica alla ricerca di chissà cosa, perché con gli occhi chiusi mi attraversi, senza indugio alcuno, la stagione dell’amore.

Non ho più vent’anni, né tantomeno son più bambino, ma chi mai ci può toglier dall’animo i ricordi di quanto quelle età hanno lasciato dentro? Inutile: la maturità indurrebbe riflessioni meditate su ogni aspetto della vita, ivi incluso quello ludico legato alla palla che rotola. Invece zero.

Invece eccoci qui, in mutandine e maglietta inutilmente attillata, disegnando ambiziose comunque spesso ridicole piroette, sul campo di calcio a cinque (fùtsal, si dice oggi) o peggio su quelli da cento metri, sognando la California del pallone, rappresentato dai campioni che fanno sognare e divertire.

Sapere che a Udine arriva un ragazzo iracheno, giovane forte e giustamente ambizioso, a prescindere dalle cattive lingue che indicano nella pubblicità l’unica ragione per l’ingaggio, è aria balsamica e salsoiodica che strizzola il velopendulo e ridà voce alla nostra voglia di calcio. Compressa dalla congerie di notizie, Cremona Bari Catanzaro Catania, dalle quali comprendiamo come la frode sportiva sia non solo ordine del giorno, ma quasi prassi normale da così in fondo fanno tutti. Un presidente che si presenta, dice “ho pagato centomila pezzi per quattro, cinque gare. Beh?”, telefonate e giocatori, allenatori che tremano; Serie B e categorie inferiori devastate da risultati sospetti; un CT probabilmente rinviato a giudizio che sarà confermato, a differenza del povero Criscito escluso dagli ultimi Europei per il nulla più assoluto, all’epoca accusato da una foto con un capo ultrà. Macalli che alla tenera età di 78 anni si dimette meritandosi il plauso multipartisan, quasi fosse un giovane eroe che lasci una categoria in splendida forma e non invece un ex-conducatore, per 18 anni, di Legapro ormai devastata e in prolungata rottura economico-sportiva.

Sapere che a Udine vorrebbero rivedersi in maglia biacca e carbone i vari Pepe, Quaglia, Inler, Isla è gioia. Non mai un sorrisetto, di vendetta o piccola soddisfazione, Udine come Canossa. Gioia: di giocatori che in fondo hanno cercato, giustificati e corroborati dalla visibilità mediatica, di salire uno scalino per indossare una maglia prestigiosa. Poi le cose vanno più o meno bene, ma come l’Adriano d’antàn (il cantante, non i giocatori) non si scordano la prima casa e vorrebbero tornare nella friulanissima Via Gluck, dove al posto dell’erba del Friuli troverebbero quella rinnovata della new house biancanera, incastonata in un gioiello del ventunesimo secolo.

No: non me ne frega nulla della loro età e del passato. Fui felice quando Fulvio venne a Udine dall’Inter dopo il gran rifiuto del 1985, sono più che disposto a ridare la camiseta blanca y negra a Gokhan: che per me, però, verrà destinato al Watford nella campagna di rafforzamento dei gialloneri da Premier League.

Sto sempre dalla parte di chi, in tutta onestà, se ne va. Meglio un silenzio à-la-Pizarro (uno che servirebbe come il pane: a chi lo ritiene finito consiglio di controllare il dizionario del calcio alla voce Andrea Pirlo) che il comunicato ipocrita di Samuel Eto’o alla torcida Samp-e-Doria, in cui lacrimosa esprime la sua passione cerchionata, il prode africano. Quasi fosse, come accadde per un certo colombiano, lui sì indesiderato eventuale rientro a Udine dopo che si rifugiò in un hotel genovino per scongiurare il cattivo esito della trattativa di compravendita, la passione blucerchiata l’unica della sua vita. Poi si scopre che l’addio alla precedente squadra, la seconda di Liverpool, ripercorreva le stesse pricise ‘ntifiche parole, né una di più né una di meno... Grati i tifosi locali prosciugano la lacrimuccia e stretta al pugno la kefiah multicolore del presidente lo salutano coll’altra mano.

Sto quindi con Salah, che (ultimo in ordine di tempo) vuole lasciare la grande Fiorentina in virtù di una scrittura privata sottoscritta dai dirigenti viola forse senza intenderne in toto il senso e il significato. Mille volte Pozzo: se uno se ne vuole andare magari gli si manifesta in privato un certo fastidio o malcontento. In pubblico nessuna concessione: quando un tesserato non è motivato, va magnificata la possibilità di realizzo sulla cessione del cartellino. Invece questi si indignano, si offendono in un duro comunicato, poi ritratto a fronte della copia del documento che sancisce la libertà di scelta dell’egiziano.

Non mi interessa sapere se tale pezzo di carta sia stato o meno depositato in lega; non mi interessa sapere se il mese scorso il Chelsea abbia ricevuto un milione per il prolungamento del prestito di un altro anno; resta il fatto che un giocatore, di proprietà della società londinese, preferisce tornare alla base per poi andarsene, magari in via definitiva, ad una società secondo lui migliore. I tifosi viola ritengono la propria formazione più importante di Inter o Milan perché la stagione passata gli sono arrivati davanti: la storia recente non dice proprio questo, forse la Viola avrà vinto un paio di coppe Italia, ma l’anno passato in semifinale di EL (Salah in campo) è stata spazzata via dal Sevilla. Lasciatelo andare, meglio così per tutti.

Insomma dopo un inizio di mercato soporifero, vorrei poter scriver giù un’articolessa d’accusa, alla maniera di Emile Zola, verso la dirigenza bianconera imputandole una scarsa attitudine al progresso. Invece mi guardo intorno e scopro un calcio di desolazioni. Datemi solo qualche piede buono, ci costruirò sopra un castello di parole che neanche Vi immaginate. Intanto mi soffi addosso il vento caldo dell’estate.

(Foto Getty Images)

Franco Canciani @MondoUdinese.it

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