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L’Udinese rischia la B, i tifosi protestano. Magda Pozzo: “Stadio da scudetto”

I tifosi continuano la loro 'battaglia' contro la società, dalla quale hanno ricevuto solo critiche e il rifiuto a un incontro. Per la gara col Chievo incerto se continuare la protesta o pensare al bene comune, ovvero la maglia. Intanto la figlia...

Redazione

L'Udinese Calcio Spa sembra davvero vivere in un altro mondo rispetto a quello che vedono i tifosi, la critica (che non è prevenuta, ma realistica), ma anche tutti quelli che hanno visto il declino sportivo di quello che solo poco più di un lustro fa era un modello per l'Italia.

La distanza oramai tra la gente friulana e la proprietà è siderale, la protesta silenziosa vista contro Fiorentina e in trasferta a Torino è solo la sintesi di delusioni che vanno al di là della classifica, da anni sempre più pericolante. La distanza tra la proprietà londinese (silente da sempre) e i tifosi è siderale. Il club si è perfino rifiutato di incontrare una delegazione di tifosi per cercare di trovare un punto d'incontro in una situazione sportivamente parlando sempre più drammatica. In più risponde piccata a chi la critica, sindaco compreso che ha solo auspicato la permanenza in Serie A come bene comune per la città.

Per questo il tifo per ora ancora non si è espresso su cosa fare domenica in una gara decisiva, che potrebbe divenire letale, quella col Chievo. Continuare col silenzio oppure incitare la maglia e non i nomi? Lo sapremo presto, ma la frattura rimane comunque.

Poi largo ai progetti futuri:  "Negli spazi sottostanti le tribune, svilupperemo 20mila metri quadri di superficie che saranno destinati ad attività ludiche e sportive. Nella pancia dello stadio sorgeranno una palestra, una clinica sportiva, locali pubblici e attività destinate a famiglia e tempo libero. Nel nostro stadio ospitiamo già la sede del Coni e lo scorso 25 settembre abbiamo inaugurato il Macron Store. E poi vogliamo che lo stadio sia vissuto come casa degli sportivi della nostra terra, per questo vi troverà posto anche il 'Museo dello sport friulano', un modo per guardare al futuro dell'impiantistica sportiva rimanendo a stretto contatto con la storia e l'identità. Credo che la nostra forza sia sempre stata proprio quella di non averlo considerato semplicemente uno stadio di calcio ma quasi un incubator di nuove idee, di networking,ma allo stesso tempo una casa calda e accogliente per i nostri tifosi e i nostri imprenditori", ha concluso rimarcando come l'Udinese Calcio Spa proprio per i tifosi sia solo un grande business, nulla più, dove perfino i giocatori altro non sono ingranaggi a far rendere migliori i bilanci, senza logica nella costruzione della squadra come accaduto quest'anno e nelle recenti stagioni. Per non parlare dell'annosa questione del nome dello stadio, che il club ha 'venduto' ad una ditta automobilistica, rinunciando al 'Friuli' che per tutti è qualcosa che travalica anche la semplice denominazione vista l'importanza simbolica che ha. Hai voglia a negare, intanto si va avanti a carte bollate e quelle scritte, per molti oltraggiose, continuano a capeggiare sulle curve e con le TV che - chissà perché - continuano a chiamare l'impianto con lo sponsor invece che col nome reale.

Il punto chiave della rottura, che appare insanabile, tra questa gestione e la città e ché al di là di quanto fatto negli anni, oramai la direzione verso sponsor più che tifosi è chiaramente intrapresa. Sembra quasi che la preoccupazione principale in caso di Serie B sia la perdita economica, quando invece per molti Friulani non importa dove si gioca, ma il valore che i giocatori e il club danno alla maglia, il loro simbolo di una terra che vede 'fratelli' sparsi in ogni angolo di mondo.

Non importa avere una casa bellissima se dentro non c'è anima, appare asettica. Per non parlare poi del pubblico, che appare numeroso solo grazie alle mille promozioni inventate ogni domenica (con le grandi a parte) per portare qualcuno in più allo stadio. Lo zoccolo duro si è fatto scemando e anche gli abbonamenti, che secondo il club hanno raggiunto la ragguardevole quota di 11 mila va ricordato che sono frutto per molti casi di inviti a ragazzini, universitari, famiglie, con prezzi stracciati. I vecchi tifosi, quelli che pagavano senza se e senza ma senza aver bisogno di 'inviti', stanno lasciando lo stadio anche dopo 30 anni di tessera (ne conosciamo molti, credeteci), così come stanno venendo sempre meno i ventenni che da soli preferiscono lo stadio ad altro. Un cambio generazionale che non dipende solo dall'avvento delle tv, ma anche dalla politica intrapresa dall'Udinese, dove tutti appaiono ottimi ragionieri per i bilanci, ma poco pratici  alla costruzione delle squadre. Vizeu, ultimo di tanti casi è l'ennesimo monito da stampare e appiccicare in Piazzale Argentina.

 

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