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Povero campionato: capitolo 1

Il campionato di serie A è in crisi, e non solo di gioco o risultati internazionali. La crisi economica che ha investito l’Italia ha fatto emergere nella coscienza collettiva l’importanza dei bilanci, dei numeri, delle possibilità...

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Il campionato di serie A è in crisi, e non solo di gioco o risultati internazionali. La crisi economica che ha investito l'Italia ha fatto emergere nella coscienza collettiva l'importanza dei bilanci, dei numeri, delle possibilità finanziarie di una qualsiasi impresa. E le società di calcio non fanno eccezione.

Parma è il primo caso eclatante, ma a giudicare dai bilanci, si rischia un'ecatombe. Paura? Guardiamo la situazione secondo una dimensione sistemica. Un tempo si diceva che la palla è rotonda e qualsiasi risultato è possibile. Certo! Però c'è chi l'aiuta con i soldi. Anche qua nulla di sconvolgente, è il liberismo. Sì, ma il liberismo del calcio italiano funziona?

Da quando un frate inventò la partita doppia, la buona economia d'impresa si è uniformata al principio dell'equilibrio. Creiamo una cornice, un insieme di assunti per considerare chi rischia e chi no, chi gioca secondo le regole e chi cerca di dopare i bilanci e quindi mettere in campo una squadra che altrimenti non potrebbe.

1)La prima regola, è così per tutte le imprese, è che una società deve fare utili. Se fai reddito vivi, se fai perdite, prima o poi... in seria A, bilanci 12/13, solo 6 squadre facevano utili. E buona parte di queste avevano utili di circa 1milione di euro.

2)per fare utili, la voce di bilancio che va tenuta sotto controllo è quella degli stipendi dei calciatori. Al fine di una prudenziale visione, andrebbe considerato il rapporto fra diritti televisivi e stipendi lordi. Si passa dal Cagliari, che non ha utilizzato a pieno i propri diritti TV (32milioni quest'anno contro stipendi lordi per 28milioni) e rischia di scendere in serie B a squadre come Parma, Fiorentina o Lazio che spendono molto più di quello che guadagnano. Finché dietro c'è qualcuno che foraggia va bene. Ma quando un Della Valle ha problemi derivanti da Italo allora ecco che viene ceduto Cuadrado per far “quadrare” i conti. La seconda regola dice che solo nel calcio puoi avere perdite, purché la proprietà sia di un magnate. Difficile, di questi tempi.

3)gli utili servono all'autofinanziamento, agli investimenti e, se si è ambiziosi e il mercato lo permette, alla crescita. In un settore che vive di perdite croniche, diventa basilare il rapporto fra ricavi e debiti netti (riuscirò a pagare i creditori con quello che produco?). Se i ricavi di una stagione non coprono nemmeno i debiti netti, ecco che si è obbligati a fare plusvalenze, indebolirsi, perdere diritti TV, rischiare di retrocedere. Qua andrebbe considerato che spesso e volentieri le plusvalenze sono fittizie. E' un nome alla moda che viene usato a discapito della realtà. Ma di questo ne parleremo più avanti. Sempre secondo i bilanci 12/13, c'erano varie società i cui debiti netti superavano abbondantemente i ricavi annui (al netto delle plusvalenze). In ordine di pericolosità: Bologna (retrocessa e proprietà ceduta), Parma (patatrac), Genoa, Chievo, Inter e Roma.

4)se diventano basilari le plusvalenze da cessione giocatori (le altre le lasciamo ai “fumatori d'oppio” dei bilanci), allora conta molto il valore della rosa, che va rapportato ai debiti netti della società. Tradotto pane e salame: quanti della mia rosa devo vendere per rientrare dei debiti ai quali non riesco a far fronte? Delle quattro società sopra citate e non ancora in crisi o retrocesse, chi sta messo peggio è chiaramente il Chievo. Agire sulla rosa significa indebolirla e vista la posizione di classifica, occorrono molte competenze per trovare sostituti che costino poco, sia come acquisto che come stipendio. Tanto più che il mercato 2014/15 ha prodotto un esborso per la società clivense. Male sono messe anche Genoa e Inter. Se l'annata non porterà risultati che possano apprezzare i giocatori, allora saranno dolori. Ma se la squadra di Milano ha alle spalle Tohir e i suoi soldi, non si può dire la stessa cosa per Preziosi, basta fare una ricerca su internet ed andare a vedere cosa scrive il Sole24Ore sul Gruppo del patron genoano.

Concludendo questa prima introduzione ai mali del nostro calcio, abbiamo ora gli strumenti per capire, da profani, quali siano le squadre che giocano al di sopra delle proprie possibilità, e qua non ho voluto citare società che hanno situazioni critiche che stanno peggiorando come il Milan. La domanda sorge spontanea: il fairplay finanziario serve? È il primo passo? Si può fare qualcosa di meglio? A mio avviso quella che nel mondo dell'impresa è la libera iniziativa, nel mondo del calcio dovrebbe essere contenuta, secondo delle regole che garantiscano il regolare svolgimento di un campionato. In America si interviene sulle società che non operano diligentemente. Un modello simile potrebbe esistere anche Italia.

Alle prossime puntate...

©Mondoudinese

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