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Povero campionato: parte seconda

Per chi è abituato a vedere bilanci di società, le plusvalenze si dividono in due categorie: quelle vere e quelle false. Visto che il calcio è un settore dove tutti vogliono apparire ma non tutti sanno fare il loro mestiere, spesso e volentieri...

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Per chi è abituato a vedere bilanci di società, le plusvalenze si dividono in due categorie: quelle vere e quelle false. Visto che il calcio è un settore dove tutti vogliono apparire ma non tutti sanno fare il loro mestiere, spesso e volentieri sono artifizi dei commercialisti. E dire che basterebbe una legge semplice per ovviare a tutti questi problemi.

Ma veniamo a noi. Mercoledì 04 Marzo il bravo giornalista Gianni Dragoni del Sole24Ore scrive con un po' di autocelebrazione (più che meritata) che già a Marzo 2014, un anno fa, il giornale finanziario aveva criticato le politiche di bilancio del Parma. Cosa era successo? la società di calcio aveva ceduto ad una società del gruppo Eventi Sportivi (sempre di Ghirardi) il marchio. Costo? 30milioni di euro (ricordatevi la cifra perché tornerà). Questo ha generato una plusvalenza che ha ridotto la perdita d'esercizio di pari importo.

La regola numero uno nel giudicare un bilancio è: se fa utili va bene, se non li fa non c'è santo che tanga. Strano che in vari se ne siano scordati... Il Parma era già con un piede nella fossa nel 2012, peggio ancora nel 2013. La plusvalenza di cui sopra è un chiaro trucco per nascondere un deficit patrimoniale. Il Codice Civile obbliga le società che abbiano perso la consistenza minima di legge di capitale proprio, per via di perdite d'esercizio, a ricostituire il capitale sociale. Solitamente, se i soci sono onesti ed accorti, entrano in tasca e versano liquidi o cespiti facilmente valutabili. Contrariamente, ecco che vendono l'aria. La mano destra (Parma Calcio) vende alla mano sinistra (Parma Brand Srl) l'aria fritta di cui sopra. Direte (ed avreste ragione): ma il marchio è ciò che determina il marketing (magliette, articolo sportivi etc etc). Ok, in Italia il marketing ricopre una minima parte dei ricavi. E il Parma non è certo la Juventus... Quindi io vendo a me stesso una cosa di scarso valore e la quoto in maniera spropositata. Di più, se la società poi fallisce, quanto vale il mio marchio? vi rispondo con un numero, sicuro di non essere sconfessato: zero.

Ho detto che la cifra, 30 milioni, andava ricordata perché sarebbe tornata. Chi ha fatto un altro trucchetto del genere? il Genoa di Preziosi, il cui gruppo di aziende ha qualche difficoltà. Quotazione del brand Genoa: 27milioni e rotti. Ceduto ovviamente a un'altra società del Gruppo Preziosi senza che venisse liquidata la quota. Negli ultimi due esercizi il Genoa ha totalizzato perdite per quasi 42milioni buona parte delle quali nascoste fra le mani dello stesso organismo. Nessuno si scandalizza come per il Parma...

Veniamo alle plusvalenze vere. Sono quelle da cessione dei calciatori (ma anche lì ce ne sarebbero da raccontare). Diciamo che quelle vere sono dovute a cessioni con tanto di incasso certo e non a partite di giro con giocatori della primavera o simili sopravvalutati.  Ma qua dobbiamo inserire la nozione di "centro di costo". Vi spiego: la squadra tal dei tali compra un giocatore a 500mila euro e lo rivende a 10milioni. La plusvalenza a bilancio è la differenza fra il valore di vendita e il valore di acquisto al netto della parte ammortizzata. Ok, a bilancio torna, ma per considerare quanto ti ha reso il giocatore no. Nel calcio bisogna fare dei distinguo rispetto ai bilanci delle normali spa.

Le società di calcio non possono avere come obiettivo il conseguimento degli utili (a Parma sono stati molto scrupolosi nell'attenersi a questa regola). Il loro core business è l'evento sportivo: lo spettacolo. Stante così sono ricavi ordinari i diritti TV e gli incassi da stadio e straordinari i ricavi da cessione di giocatore. Nulla di più ipocrita. Ma tanto è che in seria A pochi usano la cessione per mantenere l'equilibrio di bilancio, come una vera e propria spa: Atalanta, Udinese, Empoli, Fiorentina e Napoli. Chi più chi meno può alternare utili a perdite e quando c'è bisogno di riallineare i conti, allora si vende. Un chiaro esempio è Cuadrado per la Fiorentina o Cavani per il Napoli. Se sei una società come l'Udinese che hai utili più o meno costanti derivanti da plusvalenze, allora il centro di costo è intrinseco nel risultato finale. Quando si alternano i più o i meno, allora per giudicare se un giocatore ti ha reso devi considerare le spese accessorie: valore di vendita + ammortamento del diritto alle prestazioni - valore di acquisto - stipendi lordi pagati - spese di indennità e benefit vari - spese di struttura degli anni di tesseramento diviso per i tesserati della prima squadra.

Troppo facile dire ho speso 1 e incassato 20, se poi in mezzo ci sono costi e spese varie. Il bilancio è un'altra cosa. Ovviamente, quando è veritiero...

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