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Se Totò Di Natale lasciasse l’Udinese….

E se Totò Di Natale lasciasse davvero l’Udinese? Se all’amore per il Friuli e per i colori bianconeri preferisse i petrodollari o meglio ancora la vita made in USA, magari a New York? Tutti, almeno una volta, ce lo siamo chiesti, con i tifosi...

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E se Totò Di Natale lasciasse davvero l’Udinese? Se all’amore per il Friuli e per i colori bianconeri preferisse i petrodollari o meglio ancora la vita made in USA, magari a New York? Tutti, almeno una volta, ce lo siamo chiesti, con i tifosi schierati in due opposte fazioni, tra chi profetizza un futuro nebuloso fatto di zero goal segnati e una prossima partecipazione in serie cadetta e chi invece crede fermamente nella resurrezione dell’Udinese ammorbata da una sorta di “dinatalite” che mal si concilia con il gioco di squadra o con l’esplosione di qualche nuova promessa alla voce attaccanti. Non volendo prendere le parti di nessuno, ma analizzando obiettivamente e oggettivamente i fatti, ci sembra doveroso ricordare che in fin dei conti, in situazioni analoghe a questa, ci siamo ritrovati più di una volta nel corso di questi 118 anni di storia. Tante volte ci siamo trovati di fronte al possibile addio del giocatore più rappresentativo, fatto accaduto poi realmente nove volte su dieci (Di Natale in questo rappresenta proprio, almeno per ora, quell’uno su dieci) per la gioia di pochi e la disperazione di tanti.

Ma a conti fatti questo che cosa comporta? L’addio del bomber, o del calciatore più rappresentativo se vogliamo, rappresenta davvero un colpo irreparabile o spesso si tramuta in una nuova occasione per ricostruire da capo una squadra se possibile più forte? L’analisi della storia come sempre è giudice saggio e imparziale. Prendiamo l’esempio più recente, nel 2011, quando Alexis Sanchez lasciò l’Udinese (giunta quarta in campionato) per andare al Barcellona per la cifra di 37 milioni di euro. Con lui salutarono anche Inler e Zapata, ma l’Udinese l’anno successivo stupì tutti arrivando addirittura terza ma totalizzando comunque due punti in meno. Cosa significa questo? Significa che in quella stagione l’addio del giocatore più forte (Sanchez) spronò gli altri giocatori a dare di più con l’allora tecnico Guidolin costretto a trovare nuove soluzioni tattiche, ed in questo modo vennero fuori i vari Asamoah, Isla e Handanovic, tutti alla loro miglior stagione e tutti rigorosamente venduti l’anno dopo. Perché se è vero che con Sanchez riuscimmo a segnare 65 reti (l’anno dopo solo 52), è anche vero che le reti subite furono ben 42 contro le sole 35 dell’anno successivo, dimostrando che con un attacco ridimensionato fu un’ottima difesa a fare la differenza. La tesi secondo la quale “se Sanchez fosse rimasto avremo vinto lo Scudetto”, è un pensiero suggestivo e affascinante che purtroppo non potremo mai verificare. Altri esempi? Andiamo nel 1998, quando Bierhoff lascia da capocannoniere l’Udinese terza in classifica per andare al Milan.

Al suo posto arriva Sosa, che seppur non al livello del tedesco si dimostra buon goleador e spalla ideale per Amoroso che vince a sua volta la stagione dopo la classifica cannonieri e trascina l’Udinese ad un ottimo quinto posto. Anno 1999, stesso copione, Amoroso lascia l’Udinese per andare al Parma, e la società decide di puntare su Roberto Muzzi, attaccante proveniente dal Cagliari. La stagione sarà meno brillante, ma arriva comunque un ottavo posto e la qualificazione in Europa. Nonostante la cessione di due bomber eccellenti, l’Udinese, seppur ridimensionata in parte, riuscì a mantenere un ottimo livello di gioco e di risultati. Torniamo ancora più indietro, al 1955. L’Udinese giunta seconda viene retrocessa in Serie B (per presunto illecito risalente a due stagioni prima) ed è costretta a rinunciare ai suoi due pilastri offensivi, Bettini e Selmosson. Nessun timore, perché il nuovo arrivato Giuseppe Secchi (40 reti in due stagioni) trascina l’Udinese alla vittoria del campionato cadetto, e l’anno successivo in coppia con Lindskog porta l’Udinese ad un grandioso quarto posto in Serie A

. E’ lecito ammettere che non sempre è andata bene, l’esempio della stagione 1993/1994 è emblematico. L’Udinese dopo aver vinto lo spareggio con il Brescia per rimanere in A saluta il bomber Abel Balbo (assieme a Francesco Dell’Anno) e ripiega su Borgonovo e Carnevale. La stagione sarà tragica con l’Udinese che saluta la massima serie retrocedendo in Serie B. Tutti questi esempi sono volti a spiegare una realtà insindacabile: non è il singolo giocatore a fare un’intera squadra, si vince e si perde in undici ed un singolo individuo non può caratterizzare un’intera programmazione societaria. Il singolo giocatore può fare la differenza e dare quel qualcosa in più ma senza una squadra a supporto tutto risulta vano. Per questo l’addio di un singolo giocatore non può rappresentare il tracollo di un club, che anzi in situazioni simili deve saper ripartire dalle sue certezze in rosa, migliorandola con acquisti mirati che possono risultare decisivi. In questo senso l’addio eventuale di Di Natale non sarebbe la pietra tombale sul futuro dell’Udinese, che anzi siamo certi ricostruirebbe, come spesso fatto, una nuova rosa puntando su nuovi elementi e modificando l’attuale assetto tattico che ha nel capitano il suo punto fermo.

Allo stesso modo la permanenza del folletto napoletano tutto si può definire meno che una tragedia, i 218 goal segnati da Di Natale in 11 stagioni rappresentano una delle pagine più belle della storia bianconera e la sua permanenza in rosa può essere solo che d’esempio per tutti i giovani in squadra. Il detto secondo il quale “i giocatori passano, l’Udinese resta”, è vero fino ad un certo punto, perché se è vero che l’Udinese resta, è altresì vero che il suo splendore è dato dai suoi fantastici protagonisti che a quella maglia e alla gente sugli spalti donano le loro meravigliose gesta sportive.

Essendo noi, come tanti, degli indiscutibili romantici, ci auguriamo in ogni caso che Totò chiuda la sua fantastica carriera a Udine, perché di vederlo con un'altra maglia, anche se di un paese lontano con poca tradizione calcistica, proprio non ce la sentiamo. Quando questo accadrà, come la storia insegna, l’Udinese saprà ripartire anche con un fuoriclasse del genere in meno, e conoscendo l’abilità nello scouting del club friulano, possiamo stare certi che non passerà troppo tempo prima di poter ammirare un nuovo e grandioso numero dieci.

"©Mondoudinese

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