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Si riparte..( Di F. Canciani)

Quarantaquattro. Come i gatti, come la magnum di Callaghan che per i quarantaseienni come me sanno di infanzia e adolescenza vissuti senza mezzi di comunicazione troppo invadenti. Se avevi da parlare con un amico ad andar bene ne componevi il...

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Quarantaquattro. Come i gatti, come la magnum di Callaghan che per i quarantaseienni come me sanno di infanzia e adolescenza vissuti senza mezzi di comunicazione troppo invadenti. Se avevi da parlare con un amico ad andar bene ne componevi il numero di telefono, senza prefisso teleselettivo, dal disco rotante dell’apparecchione grigio di papà.

Ma quarantaquattro sono anche le stagioni che mi vedono più o meno consapevole partecipe delle cose bianchenere, dalle ultime gare di quel campionato 1971-72 che vagamente ricordo; ci giocava gente come Giacomini e Galeone, Politti poi triestino ed Ezio parka Galasso. Poche gare al Moretti col papà, mi par di scorgermi a tre anni appena passati, sicuramente tra le bestemmie per la sconfitta nel derby contro il Padova, ma anche i bianchi a bordi neri del Derthona d’alessandrina provincia me li ricordo.

Me la gioco ogni anno, questa lunga militanza guardando gli udinesi vincere pareggiare perdere, ma con la numero quarantaquattro proprio non mi riesce ancora di entrare in sintonia.

Quando si abbandonò il vecchio Friuli, mi dissi e scrissi che le pareti non hanno anima, che sì, tanti ricordi albergavano sulle gradinate e prima le curve in terra battuta, e sotto l’arco della tribuna, ma nulla vietava di cercarne anche di più straordinari quando il nuovo astroFriuli fosse finalmente sorto.

Ad oggi, l’edificazione di questa meraviglia architettonica pare essere menzionata come l’avvenimento principale della stagione che sta per inaugurarsi, con il ritiro che quest’anno non abbandonerà Udine. Nonostante tutto, a fronte di belle parole iniziali noto da entrambe le parti di quella che deve essere la medesima barricata impermalimenti, dubbi, incertezze. Persino il fondatore della moderna Udinese, Giampaolo Pozzo, stende di fronte a sé una siepe di parole ad impedire quello che secondo lui è un accanimento non terapeutico e ad personam nel giudicarne non all’altezza l’azione sul mercato.

Detto, e ridetto, che il calciomarket è cosa meravigliosa, un ambientino che ogni giorno dice l’opposto di quanto sostenuto in quello precedente, ad oggi i segnali giunti sono pochi e confusi. Al momento di scrivere queste righe ad esempio attendo ancora di sapere, detto che Allàn e Giuntoli sono d’accordo sulla base di 1,5 mln netti a stagione, quali formule verranno adottate per sancìre il trasferimento. Pareva fatta con un pacchetto di carte da cinquecento euro, Britos ed Inler a Watford, prestito biennale di Duvàn Zapata a Udine (per soddisfare le esigenze del nuovo conduttore, il quale da sempre ha preferito giocare col pennellone centrale, l’Udinese si snatura e valorizza un patrimonio altrui con un prestito secco) ; adesso pare che la Viola stia tentando Gokhan, o forse ancor meglio che costui non sia per nulla convinto di vestire il calabrone la stagione prossima.

Per il resto si capisce lontano un miglio che prima di acquisire la società debba smaltire. La nuova regola dei 25, che costringe squadre come l’Udinese a cederne una trentina, smaschera temo il vero valore di una rosa. Sarà difficilissimo liberarsi, detto senza offesa, di gente come Kelava, Naldo, forse Geijo o Bubnijc. Perché anche le altre società hanno vincoli identici, e debbono ponderare le mosse in entrata. Diverso il caso di giocatori talentuosi come Verre e Nico Lòpez, che troveranno immediata sistemazione (ed anche a Udine starebbero più che bene).

Gli americani me lo chiamano catch 22, dal bellissimo libro di Joe Heller. Tradotto (male) come comma 22, sancisce il caso in cui la persona sia messa di fronte ad una scelta, che in realtà tale non è, avendo un percorso obbligato da una sola possibilità: l’Udinese ha un tesoretto che non smobilizza se non vende; per vendere deve trovare acquirenti non solo per i vari Widmer o Heurtaux, ma anche ai campioncini rimasti in erba di cui sopra. E noi qui.

Ed è per questo che ancora non riesco ad affezionarmici, a questa stagione; non credo la restrizione a venticinque sia stata decisa avant’ieri, quindi vi era tutto il tempo per limitare la procedura ormai usuale di “ne prendo cento poi nel caso vedo”. Certo:  Aguirre sarà anche dotato di un potenziale che un ingenuo come me ancora non scorge appieno, detto ciò due nomi (Murillo, Jaadi) mi rimbalzano dentro come la pallapazza che strumpallazza, citata facendo ancora ricorso ai ricordi d’anziano.

Certo che aspetto; certo che dò loro tempo: ma un grande giornalista oggi scomparso diceva che le squadre si fanno a maggio, non a luglio. Okay: i nostri dirigenti sono iperesperti per cui di certo il progetto che avranno già imbastito darà luogo ad una formazione con i fiocchi. Sappiano i potentati bianchi e neri che le mie esigenze sarebbero, tendenzialmente, sempre le stesse: divertirmi. E divertitemi, Vi prego. E giocate al pallone. Tutto il resto è relativo. Anche il mister, gran professionista ma che di certo nell’articolessa che misi giù qualche giorno fa farebbe fatica a trovar posto. Sempre pronto a cambiar idea, caro dottor Colantuono: la coerenza è virtù noiosa.

Franco Canciani @MondoUdinese.it

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