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Udinese, ora parli solo il campo

L’Udinese 2015/16 è sempre più esterofila (il 74 per cento della rosa parla altre lingue, portoghese su tutte), ed ha perso anche Giampiero Pinzi, la bandiera. Forse più amato anche di Di Natale per la sua umanità e per quel sapere...

Monica Valendino

L'Udinese 2015/16 è sempre più esterofila (il 74 per cento della rosa parla altre lingue, portoghese su tutte), ed ha perso anche Giampiero Pinzi, la bandiera. Forse più amato anche di Di Natale per la sua umanità e per quel sapere essere 'uno di noi'. In curva a tifare quando era fuori, tra la sua gente a parlare come tra vecchi amici quando lo incontravi in centro. C'è dispiacere per quanto accaduto, ma si deve guardare avanti.

A un'Udinese che non c'entra nulla con quanto accaduto. I compagni di squadra sono i primi ad essere stati rammaricati per la perdita di un leader dello spogliatoio.

Non è nemmeno colpa delle scelte di Colantuono, che cerca di mandare in campo quello che reputa il meglio. Parlare di colpe non ha forse neanche senso. C'è però quel malumore che serpeggia, che non è legato solo a questa cessione. E' un malumore che nasce verso un calcio verso il quale è difficile identificarsi. Specie quelle generazioni che per tanto tempo hanno vissuto uno sport fatto di persone prima che di altro, dove lo spettacolo era solo la giocata, fanno fatica ad accettare tutto senza avere un po' di mal di pancia.

Maglie colorate per favorire lo sponsor e il suo concorso, addirittura il nome dello stadio che, sempre in nome dello sponsor, potrebbe cambiare nome. E tanti stranieri che parlano lingue diverse da quelle che la gente comune vorrebbe ascoltare. Quante volte ci si è arrabbaiti perché o parlano per frasi fatte o cadono nella solita buccia di banana considerando Udine un semplice trampolino per le loro ambizioni?

Accettare tutto questo non è facile, così come non si è capito ancora perché i settori centrali della nuova tribuna del magnifico stadio siano tati riservati alla vendita libera durante l'anno. Piccole cose viste una ad una, ma se sommate hanno segnato parecchio l'animo.

Si va avanti, però. La squadra, come detto, non c'entra e la passione verso i colori non finisce. Ma che squadra è questa nuova Udinese? I famosi 25 sono stati scelti. In porta non sembrano esserci problemi, così come in difesa l'arrivo (anzi, il ritorno) di Felipe sembra aver messo a posto i tasselli. Aver confermato Heurtaux è un buon punto di partenza, mentre Wague può crescere con tranquillità. Forse sul centro sinistra potrebbero esserci problemi se Piris non regge un campionato intero ad alti livelli (ha giocato il Sudamericano, non scordiamolo) e Domizzi è anch'egli vittima spesso di acciacchi vari.

In mezzo i punti interrogativi: Guillerme quando recupererà, e una volta rientrato saprà prendere per mano la squadra dopo un anno in apnea? Iturra davvero non farà rimpiangere Pinzi? Merkel abbandonerà l'indole da damerino inglese per fare il teutonico a tutti gli effetti? Ali Adnan oltre alla grinta saprà dimostrare anche di valere davvero la Serie A? Non sembrano esserci problemi con Fernandes (finalmente a suo agio) e sulla destra dove Edenilson e Widmer sono un bel lusso.

In avanti, infine, Di Natale, Thereau e Zapata sulla carta possono segnare almeno 30 gol in tre. Sulla carta è una cosa, il campo un'altra e il loro rendimento dipenderà da quanto si farà dietro.

Insomma, che parli il campo: di mercato, di addii, di rimpianti non ce n'è bisogno più. Tutto passa, l'Udinese rimane, ma per farla rendere c'è bisogno di tutti.

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