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Udinese, l’età sospesa

Pozzo (foto Elio meroi)

L'Udinese deve salvarsi e accelerare con Torino, Atalanta e Carpi: per poi iniziare a ragionare sulla politica da portare avanti per riportare la squadra ai livelli degni dello stadio dove gioca e della passione che suscita in Friuli

Monica Valendino

In casa Udinese c'è attesa per capire come sarà il futuro, se davvero il club bianconero ritornerà al vertice delle squadre della holding, puntando magari ancora all'Europa. Del resto negli ultimi 10 anni l'Udinese è tra le sei squadre che hanno sempre giocato in A, assieme a Inter, RomaMilan, Fiorentina, e Lazio, e i bianconeri sono quindi la sesta potenza per punti fatti in questa piccola élite del calcio nostrano. Se ci aggiungiamo anche le altre (Juve e Napoli che hanno giocato anche in B), i friulani rimangono comunque ottavi. Insomma questo decennio ha decretato che dopo le solite note c'è l'Udinese.

Ma il futuro parte dagli ultimi tre campionati, dove l'Udinese è terzultima tra quelle che li hanno giocato tutti. Insomma il futuro si costruisce partendo inevitabilmente da qui, dal capire gli errori che sono stati fatti. Paròn Pozzo sembra volersi esimere da colpe particolari.  "Dico che sono stati fatti degli errori a livello di dirigenza, ma la dirigenza non sono io. Abbiamo tanti direttori!", ha detto a Telefriuli. Ok, ma certamente le colpe sono da ripartire in modo eguale, anche perché certe scelte tecniche vengono dall'alto.

Per questo la prossima stagione non si può sbagliare innanzi tutto sulla scelta i chi sarà il timoniere. De Canio ha il benestare di pubblico e squadra, Pioli, Gasperini, Oddo, Maran rimangono comunque nuove scommesse. E dopo tre stagioni incolori l'azzardo dev'essere limitato.

Ma servirà ridare soprattutto entusiasmo alla piazza. Lo stadio da solo non può bastare. Servono gesta capaci di esaltare, ma per averle servono giocatori di qualità. La squadra di quest'anno non era da retrocessione, ma nemmeno da Europa, anche Pozzo sarebbe d'accordo. Per questo per uscire dalla Terra di Mezzo serviranno investimenti capaci di riportare qualità e anche di appassionare. Il calcio  è fatto dai giocatori, sempre e comunque. Non con questo che l'equazione spendere sia uguale a risultati, anzi. Il recente passato ha detto che serve lungimiranza nel saper scovare talenti che erano ancora lontani dal grande giro dal quale non si può attingere. Tornare a quel sistema è inevitabile, ma oggi la concorrenza è tanta e le regole sono anche cambiate (vedi comproprietà). La sfida immediata sarà farsi ritrovare pronti per allestire una squadra che sappia salvarsi in anticipo, per poi tentare il salto. Come si è sempre fatto, come è mancato in queste stagioni.

Prima di tutto servirà però salvarsi adesso: col Torino, l'Atalanta e il Carpi non sono passeggiate, ma serve fare lo sprint finale per iniziare davvero a parlare di quel che dovrà essere.

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