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Un rifiuto che fa riflettere: è finita l’epoca delle “bandiere”?

FLORENCE, ITALY - JUNE 09:  Gianluigi Donnarumma  of Italy in action during the training session at Coverciano on June 09, 2017 in Florence, Italy.  (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Con il rifiuto di Donnarumma alla proposta di rinnovo muore sul nascere il sogno dei rossoneri di vedere il portiere azzurro quale pilastro del nuovo Milan

Redazione

Quando lo stemma diventa un brand, simbolo sì, ma di un calcio per ricchi, quella che baci è la maglia del cuore o l’ennesimo marchio fra i tuoi capi griffati? Quale il valore dato a quel gesto, proclama d’amore per una città e la sua squadra, se a farlo è un ragazzo, già obeso di soldi, figlio di un mondo consumista e vorace? La Juve, Donnarumma, er Capitano ed un pallone. Storia di uno sport moderno e senza bandiere, dove un agente può dettar legge, i tifosi subire inermi, sacrificati sull’altare del dio denaro e i suoi numerosi adepti.

Con l’addio di Francesco Totti alla Roma si può ormai considerar chiusa l’epoca in cui un calciatore, dopo una serie di stagioni al servizio del medesimo club, veniva legato non solo alla rosa di esso ma in generale alla sua identità, andando così a innestare nella mente di tutti l’univoca rappresentazione tra uomo e società di appartenenza. Nell’immaginario collettivo non c’era Roma senza Er Pupone. La Juve era Del Piero, con Buffon “erede” in procinto di appender la scarpe al chiodo – forse al termine dei mondiali in Russia? -. E Di Natale, il re di Udine: le sue magie associate nel mondo ad una formazione del Nord-Est italiano.

I need a hero, cantava Bonnie Tyler negli anni '80: calato al nostro contesto, traduciamo e adattiamo in uno slogan nostalgico che potrebbe recitare “abbiamo bisogno di una bandiera”. Non un eroe, Super Gigi è uno solo, ma solo una parvenza di giocatore in grado di sposare la causa della squadra in cui milita. I tifosi del Milan, questa bandiera, sembravano averla trovata in Gianluigi Donnarumma. Il gioiello della Nazionale, tuttavia, ha scelto di non accettare la proposta di rinnovo col Milan. Spinto dall’agente Mino Raiola? Stufo di guardare gli altri vincere e i rossoneri annaspare? E chi lo sa, fatto sta che il diciottenne ha rifiutato un ingaggio da più di quattro milioni, cifra che a quell’età nemmeno speri di veder dal vivo. A far discutere, però – oltre ai numeri esorbitanti messi in tavola per un classe '99 – sono l’affetto e la presa che l’estremo difensore aveva sui tifosi del Milan, un sentimento che il portierino avrebbe tradito con la sua recente decisione. Ricordate il match perso dai rossoneri allo Juventus Stadium di Torino lo scorso marzo? Dopo il dubbio rigore concesso in extremis alla Vecchia signora – penalty che regalò la vittoria ai bianconeri – Gigio baciò il proprio stemma quasi a simboleggiare il legame venutosi a creare con il club fautore del suo lancio nel grande calcio. Ecco che nel giro di qualche mese sembra svanita la magia capace di risvegliare l’orgoglio del diavolo, di infiammare un tifo che vedeva in Donnarumma l’erede dei grandi pilastri rossoneri del passato.

Ma che ci vuoi fare, il calcio oggi è questo. Lo chiamano moderno, lo criticano, forse a ragione. Si tratta di una realtà in cui un club come la Juve è arrivata persino a cambiare il logo che la contraddistingue. Vallo tu poi a dire alle migliaia di fanatici supporter tatuatisi, nel corso anni, il vecchio stemma dei bianconeri sul braccio. Una J, e il brand vola nel mondo. Raggiunge la Cina, dove le milanesi hanno traslocato vendendosi alle nuove potenze che governano il mercato, del pallone e non solo.

Il football è universale, dunque, e nel flusso di miliardi, nel via vai di giocatori, alzare una bandiera è compito più che mai arduo. L’Udinese potrebbe provarci con Simone Scuffet dalla prossima stagione. Un friulano tra i friulani: e questo, senza dubbio, è già un buon punto di partenza.

"Simone Narduzzi

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