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Genoa, Udinese e quelle ‘colonne’ in cronaca del 1983

L’esordio di Zico a Marassi è storia del calcio come quel 0-5, il tutto mentre l’Italia vive gli anni di piombo. Zico, che arrivava da una dittatura, non ha mai voluto commentare la politica, ma chi l’ha conosciuto da vicino ha confidato...

Monica Valendino

Quando pensi al Genoa, pensi al 1983, è inevitabile, almeno per chi ha vissuto quegli anni. Da sogno sul calcio, da incubo fuori. L’esordio di Zico a Marassi è storia del calcio come quel 0-5, il tutto mentre l’Italia vive  gli anni di piombo. Zico, che arrivava da una dittatura, non ha mai voluto commentare la politica, ma chi l’ha conosciuto da vicino ha confidato che mai si sarebbe aspettato di trovare un clima politico così incandescente quando ha accettato. Udine era un’isola felice, Genova no: Genova, la colonna portante delle  BR, Genova che ha lo stadio vicino al carcere quasi come un beffardo modo di far pagare la pena tra sogni e sbarre.

E tornando alle BR alle volte pare perfino strano quanto il calcio per dei sedicenti lottatori armati aveva un fascino tutto particolare. Ricordiamo le parole di Patrizio Peci, il primo grande pentito della storia dell’organizzazione, che nella sua autobiografia  ‘l’infame’ (da consigliare), racconta che a volte la vita del terrorista è fatta anche di piccole cose. Un panino mentre si va in periferia (anche quella di Genova) ad allenarsi a sparare, e soprattutto il calcio. Peci era juventino e quello che lo faceva soffrire, oltre all’assassinio brutale del fratello e alla paura di essere preso, era proprio il non poter andare allo stadio. Chissà se a Genova qualche suo ‘collega’ pensava lo stesso. Probabile.

Come è probabile che dal carcere di Marassi, a un tiro di schioppo dallo stadio, allora ancora scoperto e visibile perfino da dietro le sbarre, qualcuno sognava guardando squadre e campioni. Come in quell’11 settembre 1983 quando fece la sua prima apparizione nel campionato italiano Arthur Coimbra Zico con la sua Udinese. Chissà se come cantava il grande Faber, genovese e  genoano nella sua Don Raffaè, tra un caffè come solo in carcere lo sanno fare, qualcuno si è goduto quello spettacolo.

Chi l’ha visto da vicino, anche se non l’ha goduta quella giornata, visto che si è preso 5 gol, è stato Roberto Policano, allora giovane promessa rossoblu: dalla panchina la visuale è ancora più diversa, come dal carcere dove vorresti fare ma non puoi. “A Genova – racconta – c’era tanta attesa per l’arrivo di un grande campione come Zico. E ce ne furono di motivi: ci fece una doppietta. Era un grande e allora era praticamente immarcabile. Quel gol in cui fece quella finta di corpo su Testoni è rimasto uno spot per tutte le trasmissioni”.

Un simbolo che non è più tornato, un qualcosa che la operaia Genova riuscì ad applaudire nonostante le cinque sberle prese. Un simbolo che anche allora, quando gli anni di piombo erano ancora nella memoria, quando ci si batteva per cose ben più importanti come il no ai missili nucleari a Comiso, quando a Genova c’era voglia di combattere per qualcosa di ben più importante, c’era chi si arrese dinanzi a tanta magia. Il calcio è come la musica: unisce anche se i gusti, i colori, sono diversi.

Policano ricorda: “L’Udinese era comunque uno squadrone che ambiva all’Europa: aveva tra le fila Edinho, Mauro, Gerolin, Causio. Il Genoa si era salvato l’anno prima all’ultima giornata pareggiando a Napoli e ripartiva con l’obiettivo della salvezza. Non per questo, però, volevamo fare da vittima sacrificale. Giocavamo in casa, in un campo ostico per tutti. Lo stadio era meno grande, ma non era minore l’attaccamento e il calore della tifoseria. Che a fine gara si alzò in piedi ad applaudire quel gran giocatore che era Zico. Tutti, a partire dalla Curva. Zico fece una grande impressione, non solo per i due gol, ma per l’approccio al campionato italiano, uno dei più difficili”.

Tutti ad applaudire e poi tornare alla loro vita fatta di sacrifici e sogni diversi da quelli di Udine che per la prima volta, nonostante il terremoto, nonostante la crisi, voleva diventare grande. Anche “la classe operaia va in paradiso” è un vecchio film del 1972 (consigliamo anche questo), ma poi ci si rende conto che non è proprio così.

L’Udinese pagò Zico, così come Genova pagò i suoi anni di piombo e per rinascere, come i banconeri, anche nel calcio dovette ripartire dalla B. Entrambe dovettero aspettare il 1989 per risalire  assieme, come in un destino comune. In un Friuli allora stracolmo come lo era Marassi in quel lonatno 11 settembre 1983.

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