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Tra Edinho, Gorbaciov e le rivoluzioni nate nel 1985

Marzo 1985: per il mondo, anche se allora nessuno lo sospettava, nasceva una nuova era con Mikajil Gorbaciov eletto presidente del Pcus, il partito comunista sovietico e quindi capo supremo dell’altro URSS. Un burocrate come il suo...

Monica Valendino

Marzo 1985: per il mondo, anche se allora nessuno lo sospettava, nasceva una nuova era con Mikajil Gorbaciov eletto presidente del Pcus, il partito comunista sovietico e quindi capo supremo dell'altro URSS. Un burocrate come il suo predecessore 'Cermenko, si diceva in quel periodo. Chi avrebbe immaginato che da lì a cinque anni avrebbe introdotto la Perestrojika, la rivoluzione che aprì al cambiamento, alla fine del comunismo in Russia e nell'est europeo in soli 10 anni circa. 

Si dice che una rivoluzione non può essere però dolce: è un controsenso in termini. Una rivoluzione è spesso traumatica, comunque ci vuole tempo per perseguita. La storia lo insegna, il calcio che fa sempre da specchio della società conferma: quando si vuole tutto e subito si sbaglia di grosso. Nel 1985, quando si iniziò a intuire cosa voleva fare Gorbaciov, si pensò che tutto sarebbe stato facile, indolore: abbiamo visto dall'Albania all'Ex Jugoslavia quanto dolore e morte ha portato il cambiamento. LA stessa Russia ha vissuto un colpo di stato doloroso, il passaggio alla CSI e poi alla frantumazione delle province, con l'Ucraina e la Cecenia ancora oggi front di battaglia.

Nel calcio, come detto, è la stessa cosa. L'Udinese più o meno quando si stava insediando Gorbachov, andava a vincere con Edinho a Bergamo. Era l'inizio di una fine di un ciclo: la società stava per passare di mano di lì a un anno, dai sogni di grandezza di Mazza (finiti in un fallimento anche per la sua azienda, forse per colpe non solo sue, ma anche politiche), fino al pragmatismo del neofita Pozzo, tante idee rivoluzionarie come Gorbaciov, ma poca esperienza. In  quel marzo la speranza resisteva ancora, a Udine, con Edinho che con una sassata al 90° mise ko l'Atalanta al 90° facendo respirare alla squadra aria di primavera, aria di salvezza. Una salvezza che arrivò sul campo, con Zico che oramai sembrava sempre più un ex, con Vinicio che non sapeva che cosa fare. L'anno dopo, il Galinho se ne andò, De Sisti sostituì Vinicio, Pozzo prese la squadra consigliato da Franco Dalcin da Mazza.

Iniziò una rivoluzione durata tanti anni: da quel gol di Edinho, uno degli ultimi sospiri di sollievo, tante preoccupazioni. Prima la rivoluzione bianconera prese in considerazione giocatori da politura, devono passare dal 1986 anni, l'arrivo di Adriano fedele, perché Pozzo inizia  capire che spendere tanto nel calcio nonporta nulla. La rivoluzione si è compiuta davvero solo dopo anni di batoste, di ali scendi, con l'avvento del figlio a completare la società e iniziare un modello si fare calcio diverso.

La storia è quasi parallela a quella vissuta proprio dalla Russia, che però ancora oggi è inquieta, ance se diventato un gigante tra la Cona e gli Usa, con l'Europa sempre più piccola. L'Udinese oggi è un gigante tra le grandi d'Europa e le ex grandi della A: come cambia il mondo.

Allora dominavano le stesse, oggi ancora, ma sembrano sempre più vittime dei loro errori, ultimi baluardi di un mondo che è sempre più legato a rivoluzioni che portino concretezza. Meno cuore e passione, più ragione.

Con quella punizione di Edinho impressa ancora negli occhi dei tifosi friulani, che segna quasi uno spartiacque inconsapevole di due mondi, quello bianconero e quello reale, che stavano mutando. Solo che l'Udinese ha capito, per fortuna, che il cambio generazionale, di storia, che la rivoluzione doveva essere calcolata. Purtroppo nel mondo non è andato e non va sempre così.

Così come nel calcio, la fretta di rivoluzionare qualcosa non va di pari passo all'idea con cui si vorrebbe tutto e subito.

©Mondoudinese

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