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Stranieri, l’Udinese non cambia politica. Soluzioni? le squadre B

Il ds Giaretta: «È il mercato che ti fa fare certe scelte, i giocatori italiani costano». L'Udinese non cambia linea dopo le polemiche accese dopo la gara con l'Inter. Il problema non è facile, serve una riforma che passi dai vivai. Ma servono...

Monica Valendino

La polemica sugli stranieri che si è innescata dopo che in Inter-Udinese ne sono scesi in campo 22, non intacca la posizione del club bianconero.  «La considero una sciocchezza – ha detto il ds Giaretta al Messaggero Veneto –, la trovo una cosa normalissima. É il mercato che ti porta a fare questo tipo di scelte, i costi dei giocatori italiani sono proibitivi e poi la scelta sul mercato estero è inevitabilmente molto più ampia. Per quanto riguarda i vivai si dovrebbe aprile un capitolo molto ampio: un settore giovanile come si deve si fa fatica a sostenerlo perchè mancano le strutture per far allenare i ragazzi».

E in effetti la fotografia è questa: in B comprare un giocatore costa più che prenderne uno dal Ghana o dall'Ecuador per dire, anche se poi non è detto che lo straniero ripaghi. Cosmi ha detto: "Vale la pena per la qualità di questi 22 in campo? In serie B ci sono dei giocatori, tanti italiani, che in questa serie A ci possono giocare". Guardando a certi giocatori passati per Udine anche ultimamente (Marquinho, Iturra), come dargli torto, ma è anche vero che molti italiani si perdono perché manca la fame. Nei settori giovanili tanti si credono già arrivati non appena iniziano a guadagnare qualche euro e il rendimento cala.

Il discorso è vero che è ampio. Chiedere più identità nazionale in campo è lecito e dev'essere un obiettivo. Soluzioni? Le squadre B, per esempio, potrebbero essere un primo passo. Oggi la Primavera dell'Udinese ha parecchi giovani italiani che piacciono e sulla carta hanno quelle qualità tecniche per essere provati. Ma il gap tra giovanili e Serie A è aumentato a dismisura, e anche Cosmi nella sua critica l'ha confermato. Serve far giocare i ragazzi in campionati competitivi, altrimenti la crescita rischia di essere rimandata e di perderne troppi.

Poi vanno riviste le norme sugli extracomunitari: non tanto limitandone il numero, quanto regolandone l'accesso per merito. L'esempio dell'Inghilterra è eloquente: possono esser tesserati soltanto giocatori che abbiano partecipato almeno al 75% delle partite della loro nazionale negli ultimi due anni.

Poi si potrebbe gestire meglio le Academy, come in Germania, inserendole come obbligo per le squadre della massima serie con criteri rigorosi in quanto a budget, infrastrutture e qualità (e quantità) dello staff tecnico impiegato full time.

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