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E l’orchestra continua a suonare

Una stagione nata male può solo finire peggio. La cosa che più preoccupa è che molti vedono ancora questa nave come inaffondabile, ma l'iceberg non si può evitare. Si può solo cercare di salvare il salvabile, magari evitando di far suonare...

Monica Valendino

L’Udinese se si salverà in questa stagione sarà più che altro per demerito altrui: inutile parlare sempre di sfortuna o di programmi rispettati o di un campionato ancora lungo che deve mostrare ancora il volto della squadra. Che per ora è fin troppo chiaro: cupo, imperscrutabile, beffardo fino all’antipatia, rugoso e con occhi miopi solo apparentemente aperti su una realtà che non si vuole capire.

La sensazione è che in casa bianconera si voglia far suonare l’orchestrina, convinti che il Californian (la nave più vicina al Titanic dopo l’impatto con l’iceberg) possa giungere subito in soccorso: invece alla fine arrivò il Carpathia a cercare di salvare qualcuno, ma troppo tardi.

Qui non è più questione di modulo o altro: questa stagione è nata male e rischia di finite peggio. Eppure doveva essere storica, come l’avventura dell’inaffondabile nave, con il nuovo stadio gioiello pronta ad accoglierla e a stupire il mondo.

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Invece si è cominciato con la scelta di mandare via Stramaccioni, nonostante il tecnico di San Giovanni non avesse mai rischiato di retrocedere. Si è di fatto gettato un anno di lavoro nel cestino, scegliendo Colantuono quando la piazza a quel punto chiedeva Donadoni.

Si è perseguito con un ritiro in città, lontano dai molti tifosi abituati a seguire nelle località friulane la propria squadra del cuore, che si è allenata a 40° di media.

Si è andato avanti con una campagna abbonamenti che ha creato più di qualche malumore per alcune scelte logistiche (vedi settori centrali dei distinti riservato alla vendita libera). Si è arrivati a cedere Pinzi, una bandiera, preferendogli Iturra.

Il mercato estivo, che ha portato giocatori anche del calibro di Marquinho è stato sbugiardato in gennaio. Ora però si scopre a Frosinone che gioca titolare solo un elemento dei nuovi arrivi. Inoltre via via sono andati persi altri pezzi cardine, vedi Domizzi, Pasquale, coloro che davano una quadratura italiana a uno spogliatoio eterogeneo fino allo sfinimento.

Poi metteteci anche la questione del nome dello stadio (gestita malissimo) e si capirà che quest’anno è meglio salvare la nave il prima possibile, chiamando magari qualche ulteriore carpentiere che tappi una falla che si allarga via via.

Forse qualcuno  pensava che Colantuono, un generale, bastasse a gestire tutto: invece il tecnico si sta dimostrando  al massimo un sergente di ferro, esperto, ma non di certo carismatico. L’Udinese sembra fare quello che vuole, nel bene e soprattutto nel male.

A Udine nessuno ha suonato il requiem prima della fine, ma si sta suonando un allarme rosso che si spera non venga annullato dall’orchestra, che sorridente va avanti imperterrita e quasi commovente a suonare note sempre più stonate.

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